Santi del 9 Giugno
*Beata Anna Maria Taigi - Madre (9 Giugno)
Siena, 29 maggio 1769 - Roma, 9 giugno 1837
Sposa esemplare e devota della Santissima Trinità. Sono le due caratteristiche di Anna Maria Taigi, nata Anna Maria Riannetti a Siena nel 1769 e vissuta a Roma dall'età di sei anni alla morte, avvenuta nel 1837. Per aiutare i genitori bisognosi si dedicò a diversi lavori. Ancor giovane si sposò con Domenico Taigi, uomo dal carattere molto difficile.
Mandò avanti la casa, dando un'educazione cristiana ai figli. La coppia ne ebbe sette (tre morirono, però, in tenera età). E non si dimenticava dei poveri.
Tanto che un mistico fiammingo disse di lei che non disdegnava di lasciare le visioni ultraterrene per scaldare la minestra a un malato. Nel 1808 abbracciò l'Ordine secolare trinitario.
Tra i doni miracolosi che ebbe c'era un sole luminoso che per 47 anni le brillò davanti agli occhi. Vi vedeva quanto accadeva nel mondo e la situazione in cui si trovavano le anime di vivi e morti. Anna Maria è stata beatificata nel 1920 e il suo corpo riposa in una cappella della chiesa romana di San Crisogono. (Avvenire)
Etimologia: Anna = grazia, la benefica, dall'ebraico
Martirologio Romano: A Roma, Beata Anna Maria Taigi, madre di famiglia, che, pur maltrattata da un marito violento, continuò a prendersi cura di lui e a provvedere all’educazione dei suoi sette figli, senza mai trascurare la sollecitudine spirituale e materiale per i poveri e gli ammalati.
La Beata Anna Maria Taigi nacque a Siena il 29 maggio 1769 e fu battezzata il giorno seguente. In seguito a dissesti finanziari i suoi genitori, Luigi Riannetti e Maria Masi, si trasferirono a Roma, quando lei aveva sei anni.
Nella città eterna venne affidata alle suore Maestre Pie Filippine, dove in due anni ricevette una completa formazione.
Per aiutare i genitori bisognosi, si dedicò a lavori diversi, anche più umili.
Ancor giovane si sposò con Domenico Taigi, uomo pio ma di un carattere difficile e grossolano.
Anna Maria vi passò sopra, e badò principalmente alla virtù. Così per 49 anni, lei finissima nel tratto, ebbe l'opportunità di esercitare continuamente la pazienza e la carità.
Il matrimonio fu improntato ai più elevati principi cristiani.
Conoscendone tutto il profondo valore etico-sociale, e considerandolo semplicemente come un'altissima missione ricevuta dal cielo, la Beata trasformò la sua casa in un vero santuario, dove Iddio aveva il primo posto.
Docile al marito, evitava quanto poteva irritarlo e turbare la pace domestica.
Sobria e laboriosa, non fece mancare mai nulla alla famiglia e, nel limite delle sue possibilità, fu larga con i poveri.
Ebbe sette figli dei quali tre morirono in tenera età: due maschi e due femmine diventarono adulti.
Impartì loro un'educazione civile e religiosa accuratissima e completa.
Fin da bambina imparò a corrispondere alla grazia e cominciò a vivere una vita spirituale intensa. Aveva un solo desiderio: amare Dio e servirlo in tutto; una sola preoccupazione: evitare anche l'ombra di una qualsiasi imperfezione volontaria.
Fu devotissima alla SS.ma Trinità, di Gesù Sacramento e della Passione del Signore; per la Madonna ebbe una tenerissima devozione.
Abbracciato l'Ordine Secolare Trinitario il 26 dicembre 1808, ne visse perfettamente lo spirito, e divenne serva fervida e adoratrice della SS.ma Trinità.
Iddio l'arricchì di molti doni carismatici; singolare fra tutti, quello di un sole luminoso, che per 47 anni brillò davanti al suo sguardo, e nel quale vedeva quanto accadeva nel mondo e lo stato delle anime in vita e in morte.
Volò al Paradiso il 9 giugno 1837; fu beatificata il 30 maggio 1920. Il suo corpo si conserva a Roma, nella Basilica di San Crisogono nella Cappella a lei dedicata.
(Autore: Carmelo Randello - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beata Anna Maria Taigi, pregate per noi.
*San Columba di Iona - Abate (9 Giugno)
Gartan, Donegal, Irlanda, 7 dicembre 521 - Iona, 9 giugno 597
Fondatore di monasteri, evangelizzatore di popoli, saggio consigliere, uomo spirituale: Colomba (521-597), il più noto santo scozzese, è una delle grandi figure che hanno "costruito" l'Europa cristiana.
Nato nel Donegal, in Irlanda, fece sorgere numerose comunità monastiche nella sua terra natale e poi in Scozia, a cominciare dall'isola di Iona.
Di qui iniziò l'avventura tutt'altro che agevole del primo annuncio a Pitti, Angli e Scoti.
L'abbazia che sorge sull'isola di Iona, dopo aver resistito alle scorrerie dei vichinghi, è oggi un centro di pellegrinaggi. (Avvenire)
Martirologio Romano: Nell’isola di Iona in Scozia, San Columba o Colum Cille, sacerdote e abate, che, nato in Irlanda e istruito nei precetti della vita monastica, nella sua terra e infine a Iona fondò dei monasteri rinomati per osservanza della disciplina di vita e cultura letteraria, finché, carico di anni, ormai in attesa della fine, davanti all’altare riposò nel Signore.
Pur essendo vissuto molti secoli fa, di lui ci sono pervenute notizie credibili sulla sua vita, con veritieri particolari, le fonti molto attendibili sono ben tre, riportate da: Cuimino abate di Iona dal 657 al 669; Ademnano abate di Iona dal 679 al 704 e da San Beda il Venerabile (673-735).
Le sue origini furono di stirpe regale; Columba (in Irlanda Colum Cill) nacque nel 521 a Gartan nel Donegal, ampia baia dell’Irlanda sull’Atlantico.
Nella sua scelta di diventare monaco, ebbe come guida spirituale e contatti formativi con i Santi Enda di Aran, Finnian di Moville e Finnian di Clonard, tutti abati di comunità monastiche irlandesi del VII secolo.
Columba divenne anch’egli abate di monasteri, agendo con grande saggezza e spiritualità, ma anche fondatore di alcune chiese, fra le quali quelle di Durrow e Derry.
Poi come raccontano le fonti su citate, obbedendo al desiderio comune a tutti gli irlandesi di “divenire pellegrini di Cristo”, Columba lasciò l’Irlanda nel 563 e insieme a dodici compagni approdò sulla piccola isola di Iona, posta davanti alla costa occidentale della Scozia, erigendo un monastero che divenne in breve un celebre centro monastico.
Dalle sue mura partirono tanti missionari, diretti verso le colonie irlandesi in Scozia e verso le tribù pagane dei Pitti del Nord, popolazioni celtiche scozzesi, così chiamate dai Romani, perché si tingevano il corpo ed i capelli.
Columba fu a partire dalla gioventù un uomo austero, a volte persino duro con se stesso e con gli altri; ma con gli anni il suo carattere si addolcì e il prima citato Adamnano lo presenta nell’ultima fase della sua vita, come uomo profondamente sereno.
Fu sempre molto legato alla sua patria d’origine, l’Irlanda; divenne il capo riconosciuto della “familia Columbae”, una importante confederazione monastica diffusa in Scozia ed in Irlanda.
Morì ad Iona nel 597 e l’autorità di cui aveva goduto sia per il rango familiare, sia per le sue doti di capo e di guida spirituale, passò ai suoi successori, anch’essi in buona parte di sangue reale e come lui non soggetti alla dipendenza dal vescovo.
Gli abati di Iona ebbero giurisdizione sulla vasta confederazione “familia Columbae”, la quale si estese ulteriormente fino all’anglosassone Northumbria, evangelizzata da Sant'Aidano di Lindsfarne, entrando in contrasto con la missione romana in Inghilterra, specie per quanto riguardava la data della celebrazione della Pasqua.
La confederazione cominciò a declinare nella sua influenza, dopo il sinodo di Whitby tenuto nel 664.
San Columba fu importante nella leggenda irlandese, a parte la sua precisa figura storica; infatti molti poemi dell’Irlanda gli furono attribuiti, anche se ciò non è provato, sta comunque ad indicare come venisse considerato quasi un patrono dei poeti irlandesi.
Ebbe un culto largamente diffuso nel Medioevo, non solo in Irlanda e Scozia ma anche in Europa; la sua festa è celebrata il 9 giugno ancora con venerazione, non solo in questi due Paesi, ma anche in Australia e Nuova Zelanda (portatovi evidentemente dalle colonizzazioni inglesi).
(Autore: Antonio Borrelli - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Columba di Iona, pregate per noi.
*San Diomede - Martire a Nicea (9 Giugno)
Martirologio Romano: A Nicea in Bitinia, nell’odierna Turchia, San Diomede, martire.
Nato a Tarso, in Cilicia, dopo aver esercitato l'arte medica a Costantinopoli, fu martirizzato a Nicea, in Bitinia, sotto Diocleziano.
Benché egli abbia avuto un grande e antichissimo culto a Costantinopoli, la sua passio non merita fede.
Il Martirologio Geronimiano e quello di Usuardo lo ricordano al 9 giugno, come pure alcuni sinassari bizantini che l'hanno associato ai martiri Oreste e Rodono.
Il Martirologio Romano, invece, lo celebra il 16 agosto, giorno in cui si trova il suo elogio nella maggior parte dei sinassari bizàntini.
(Autore: Thomas Becquet - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Diomede, pregate per noi.
*Sant'Efrem - Diacono e Dottore della Chiesa (9 Giugno)
Nisibi, attuale Nizip in Turchia, c. 306 - Edessa, Siria (attualmente Turchia), 9 giugno 373
Teologo della tradizione siriaca, Efrem nacque a Nisibi, nella Mesopotamia settentrionale all'inizio del IV secolo, probabilmente nel 306.
Aveva sette anni quando Costantino emanò l'editto di Milano.
Pare tuttavia che della libertà di culto Efrem non potesse godere in famiglia, perché suo padre (sacerdote pagano) era poco propenso ad accettare la formazione cristiana che al figlio impartiva la madre.
Efrem fu cacciato di casa.
A 18 anni ricevette il battesimo e visse a Edessa, come inserviente in un bagno pubblico.
Nel 338 Nisibi venne attaccata dai Persiani ed Efrem accorse in suo aiuto.
Quando Nisibi cadde sotto il dominio persiano, Efrem, divenuto diacono, nel 365 si stabilì definitivamente a Edessa, dove diresse una scuola. Vi morì il 9 giugno 373.
La tradizione ce lo ricorda come uomo austero.
Non conosceva il greco e probabilmente questa fu la ragione per cui non troviamo nella sua opera letteraria quell'influsso teologico contemporaneo, caratterizzato dalle controversie trinitarie. (Avvenire)
Etimologia: Efrem = che porta frutto, fertile, dall'ebraico
Martirologio Romano: Sant’Efrem, diacono e dottore della Chiesa, che dapprima in patria a Nisibi esercitò il ministero della predicazione e dell’insegnamento della sacra dottrina, poi, rifugiatosi a Edessa nell’Osroene con i suoi discepoli dopo l’invasione di Nisibi da parte dei Persiani, pose le fondamenta di una scuola teologica. Esercitò il suo ministero con la parola e con gli scritti e rifulse a tal punto per austerità di vita e dottrina da meritare per l’eleganza degli inni da lui composti l’appellativo di cetra dello Spirito Santo.
Sappiamo pochissimo sulla vita di Sant’ Efrem. Nacque a Nisibi, nella Mesopotamia settentrionale all'inizio del IV secolo, probabilmente nel 306.
Aveva quindi sette anni quando Costantino emanò il cosiddetto editto di Milano.
Pare tuttavia che della libertà di culto Efrem non potesse godere nell'ambito della propria famiglia, essendo suo padre sacerdote pagano e poco propenso quindi ad accettare la formazione cristiana che al figlio impartiva la pia madre.
Efrem fu cacciato di casa.
A 18 anni ricevette il battesimo e visse del proprio lavoro, a Edessa, come inserviente in un bagno pubblico.
Nel 338 Nisibi venne attaccata dai Persiani ed Efrem accorse in suo aiuto.
Quando Nisibi cadde sotto il dominio persiano, Efrem, divenuto diacono, nel 365 si stabilì definitivamente a Edessa, dove diresse una scuola.
Vi morì il 9 giugno 373.
Benedetto XV lo dichiarò dottore della Chiesa nel 1920.
La tradizione ce lo ricorda come uomo austero.
Non conosceva il greco e probabilmente questa fu la ragione per cui non troviamo nella sua opera letteraria quell'influsso teologico contemporaneo, caratterizzato dalle controversie trinitarie.
Egli è il trasmettitore genuino della dottrina cristiana antica.
Il mezzo usato da Sant' Efrem per la divulgazione della verità cristiana è prevalentemente la poesia, per cui a ragione è stato definito "la cetra (o l'arpa) dello Spirito Santo". Nella sua epoca si andava organizzando il canto religioso "alternato" nelle chiese.
Gli iniziatori sono stati Sant' Ambrogio a Milano e Diodoro ad Antiochia.
Il diacono di Nisibi, alle frontiere della cristianità e del mondo romano, compose nella lingua nativa poesie di contenuto didattico o esortativo, dall'andamento lirico e idonee al canto collettivo.
Il carattere popolare delle sue poesie ne decretò subito una vasta diffusione.
Dalla Siria raggiunsero l'Oriente mediterraneo, grazie anche ad accurate traduzioni in greco.
Efrem non scriveva per la gloria letteraria; egli si serviva della poesia come di un eccellente mezzo pastorale perfino nelle omelie e nei sermoni.
La profonda conoscenza della Sacra Scrittura offriva alla sua ricca vena poetica l'elemento più congeniale per tuffarsi nei misteri della verità e trarne utili ammaestramenti per il popolo di Dio.
Egli è anche il poeta della Madonna, alla quale indirizzò 20 inni e verso la quale ebbe espressioni di tenera devozione.
Egli invocava Maria " più splendente del sole, conciliatrice del cielo e della terra, pace gaudio e salute del mondo, corona delle vergini, tutta pura, immacolata, incorrotta, beatissima, inviolata, venerabile, onorabile...".
(Autore: Piero Bargellini - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Sant'Efrem, pregate per noi.
*Beato Giuseppe (Joseph) Imbert - Sacerdote Gesuita, Martire (9 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri dei Pontoni di Rochefort 64 martiri della Rivoluzione Francese”
Marsiglia, Francia, 1719 circa – Rochefort, Francia, 9 giugno 1794
Religioso gesuita nominato vicario apostolico di Moulins, durante la Rivoluzione Francese. Per odio alla fede, fu incarcerato a Rochefort, dove morì.
Martirologio Romano: Al largo di Rochefort in Francia, Beato Giuseppe Imbert, sacerdote e martire, che, già membro della Compagnia di Gesù, durante la rivoluzione francese fu nominato dal papa Pio VI vicario apostolico di Moulins e, gettato in una galera in odio alla Chiesa, vi morì contagiato da malattia letale.
Papa Giovanni Paolo II beatificò il 1° ottobre 1995 un gruppo di 64 martiri morti durante la Rivoluzione Francese, vittime delle sofferenze patite per la fede, noti quali “Martiri dei pontoni di Rochefort”.
Sulla vecchia imbarcazione “Deux-Associés”, ancorata nella regione de La Rochelle, furono imprigionati e morirono parecchi sacerdoti e religiosi cattolici fedeli alla Santa Sede.
Patirono sofferenze e vessazioni terribili a causa della loro fede e morirono in seguito ai maltrattamenti subiti.
Ben 285 sopravvissuti furono invece liberati il 12 febbraio 1795 e, tornati ai loro paesi, lasciarono testimonianze scritte dell’eroico esempio dei loro compagni, permettendo così l’avvio dei processi per la loro beatificazione.
Il Martyrologium Romanum, che commemora i martiri singolarmente o in gruppo a seconda dell’anniversario del martirio, pone in data odierna la festa del Beato Joseph Imbert.
Questi, nato a Marseille verso l’anno 1719, fu sacerdote professo gesuita, ma alla soppressione della Compagnia di Gesù esercitò il suo ministero al servizio della diocesi di Moulins.
Allo scoppio della rivoluzione, fu nominato vicario apostolico di tale Chiesa locale da Papa Pio VI.
Catturato infine dai rivoluzionari, terminò i suoi giorni imprigionato al largo di Rochefort il 30 settembre 1794.
(Autore: Fabio Arduino – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Giuseppe Imbert, pregate per noi.
*Beato Giuseppe de Anchieta - Gesuita (9 Giugno)
San Cristobal de la Laguna (Tenerife), Canarie, 19 marzo 1534 - Anchieta (Brasile), 9 giugno 1597
Etimologia: Giuseppe = aggiunto (in famiglia), dall'ebraico
Martirologio Romano: A Reritiba in Brasile, Beato Giuseppe Anchieta, sacerdote della Compagnia di Gesù, che, nato nelle isole Canarie, per quasi tutto il corso della sua vita si dedicò con impegno e frutto alle opere missionarie in Brasile.
Il 22 giugno 1980 Papa Giovanni Paolo II ha beatificato il gesuita José de Anchieta, missionario, apostolo del Brasile; il quale nacque a S. Cristobal de la Laguna nell’isola di Tenerife (Canarie) il 19 marzo 1534, possedimento spagnolo.
Il 1° maggio 1551 a 17 anni entrò fra i gesuiti di Coimbra in Portogallo, dopo aver frequentato quella celebre Università; a seguito della salute cagionevole, nel 1553 fu inviato in Brasile per ristabilirsi e qui divenne un infaticabile missionario.
Sbarcò a Bahia l’8 luglio 1553 e già nell’anno successivo insieme al padre provinciale Manuel de Nobrega, fondò la nuova missione di Piratininga, con l’apertura di un collegio, dedicato all’apostolo Paolo.
Piratininga diventerà in seguito la città di Sao Paulo che annovera perciò fratel José, fra i suoi fondatori.
Divenne un punto di riferimento per gli indigeni del luogo, cui diventò insegnante di grammatica sia per i loro figli che per i figli dei coloni portoghesi; imparò la lingua locale (tupi-guarani) che utilizzò per la composizione di varie opere utilissime, accrescendo così la stima e l’amore per la sua persona.
Poi nel 1563, lasciata la scuola, divenne aiuto fisso del padre Nobrega, accompagnandolo a negoziare la pace tra i Portoghesi ed i feroci Tamoyos, i quali attaccavano la colonia di S. Vincente, sostenuti dagli Ugonotti francesi. Giacché la questione andò per le lunghe, fratel José, dovette rimanere come ostaggio fra gli antropofagi Iperoig appartenenti ai Tamoyos, in continuo pericolo di morte.
Nel 1566 fu ordinato sacerdote, l’anno successivo fu compagno di padre Nobrega nel fondare Rio de Janeiro e poi superiore per dieci anni della missione di S. Vincente con l’incarico della conversione dei Tapuyas.
Dal 1578 al 1586 ebbe affidato il governo di tutta la provincia, poi passò a Reritiba sempre dedito con rinnovato spirito agli indigeni, che andava a cercare nelle selve convertendoli e cercando di convincerli ad abbandonare la vita nomade e stabilirsi nei villaggi fissi.
E a Reritiba, ora Anchieta, padre José, morì il 9 giugno 1597 a 46 anni in concetto di santità.
Il Brasile deve molto a questo gesuita missionario, infatti lo considera un Santo nazionale per le sue virtù, la dedizione, le doti di taumaturgo e il dominio prodigioso sulle forze della natura, sulle belve della foresta e sulle malattie.
Inoltre è considerato il creatore della letteratura brasiliana; molto vasto è l’elenco dei suoi scritti sui più svariati argomenti religiosi, canti, poesie, grammatica, poemi, lettere e comunicazioni, nelle lingue latino, portoghese, tupi e guaranti.
Costruì pure una chiesa nel 1585 a Guarapary (diocesi dello Spirito Santo) dedicata al Sacro Cuore di Gesù.
La causa per la sua beatificazione fu introdotta nel 1617 e il 10 agosto 1736 fu dichiarato venerabile da Papa Clemente XII.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Josè de Anchieta, pregate per noi.
*Beato Luciano Verdejo Acuña - Padre di famiglia e Martire (9 Giugno)
Schede dei Gruppi a cui appartiene:
"Beati 115 Martiri spagnoli di Almería" Beatificati nel 2017
"Santi, Beati e Servi di Dio Martiri nella Guerra di Spagna" Vittime della persecuzione religiosa - Senza Data (Celebrazioni singole)
Almería, Spagna, 26 ottobre 1886 – Turón, Spagna, 9 giugno 1938
Luciano Verdejo Acuña nacque ad Almería, nell’omonima provincia e diocesi, il 26 ottobre 1885. Sposò Concepción Gómez Cordero, che gli diede un figlio, Antonio. Era membro dell’associazione dell’Adorazione Eucaristica notturna.
Morì in odio alla fede cattolica il 9 giugno 1938, a Turón, in provincia di Granada. Inserito in un gruppo di 115 martiri della diocesi di Almeria, è stato beatificato ad Aguadulce, presso Almería, il 25 marzo 2017.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Luciano Acuña, pregate per noi.
*Beato Luigi Boccardo - Canonico, Fondatore (9 Giugno)
Moncalieri, Torino, 9 agosto 1861 – Torino, 9 giugno 1936
Per quanto non di larga diffusione, pur vi sono molte figure di venerata santità, sbocciata fra fratelli della stessa famiglia; dai casi più noti dei secoli passati come San Benedetto e Santa Scolastica, si passa a figure più vicino a noi nel tempo, come: San Paolo della Croce (Paolo Danei), fondatore dei Passionisti (1694-1775) e venerabile Giovanni Battista di San Michele Arcangelo (Giovanni Battista Danei), cofondatore dei Passionisti (1695-1765); Sant’Annibale Maria Di Francia (1851-1927) fondatore dei Rogazionisti e delle Figlie del Divin Zelo e Servo di Dio Francesco Maria Di Francia (1853-1913), fondatore delle Suore Cappuccine del Sacro Cuore; i Beati Giacinta Marto (1910-1920) e Francesco Marto (1908-1919) veggenti di Fatima; le Beate Maria Teresa Ledóchowska (1863-1922), fondatrice delle Suore di San Pietro Claver e Ursula Ledóchowska (1865-1939), fondatrice delle Suore Orsoline del S. Cuore di Gesù Agonizzante; i Servi di Dio Flavio Corrà (1917-1945) e Gedeone Corrà (1920-1945) giovani d’Azione Cattolica veneti, morti santamente in campo di concentramento tedesco, ecc.
A loro bisogna aggiungere le luminose figure dei fratelli nativi di Moncalieri (Torino), il beato Giovanni Maria Boccardo (1848-1913), fondatore delle Suore “Povere Figlie di S. Gaetano” e il venerabile Luigi Boccardo (1861-1936), fondatore delle “Figlie di Gesù Re” non vedenti, oggetto di questa scheda biografica.
Luigi Boccardo nacque a Moncalieri (TO) il 9 agosto 1861, settimo dei dieci figli di Gaspare Boccardo e di Giuseppina Malerba, il cui primogenito era Giovanni Ottavio, che da sacerdote gli sarà guida ed esempio, nelle varie tappe della vita consacrata.
E Giovanni, allora tredicenne, fu il suo padrino di Battesimo, ricevuto il giorno dopo la nascita; gracile di costituzione, crebbe nella tranquillità della sua famiglia, aiutando nei servizi la mamma, affaccendata per la numerosa prole.
Visto la sua inclinazione allo studio, i genitori contadini lo iscrissero per il ginnasio al “Real Collegio” dei padri Barnabiti di Moncalieri, già frequentato dal fratello Giovanni; in questo ambiente religioso e con l’esempio del fratello, sentì vivissimo il desiderio del sacerdozio; anche la sorella Giacinta nel 1874, aveva scelto la via del chiostro, entrando con il nome di suor Veronica fra le Suore di Sant’Anna.
È ancora il fratello Giovanni, a convincere i riluttanti genitori ad accogliere la vocazione sacerdotale di quel secondo figlio e sempre lui, si assunse l’onere di pagare la retta degli studi per tutti gli anni futuri; nell’ottobre 1875 ‘Luigino’, com’era chiamato in casa, entrò nel Seminario di Giaveno, dove vestì l’abito clericale il 23 settembre 1877, qui frequentò la quarta e quinta ginnasio, dopo aver superato un violento tifo, che l’aveva portato alla soglia della morte.
Nell’autunno del 1877 il chierico Luigi Boccardo, entrò per lo studio della filosofia, nel Seminario di Chieri, dove si trovava come direttore spirituale il fratello maggiore don Giovanni.
A Chieri trascorse gli anni della formazione giovanile, con tutte le problematiche, dubbi, entusiasmi, riflessioni, scoraggiamenti, tipici dell’età, consigliato e sostenuto dai Superiori, soprattutto dal fratello Direttore spirituale dei chierici.
Dopo due anni, nell’autunno 1879, Luigi Boccardo passò al Seminario Teologico di via XX Settembre a Torino, qui trovò come padre spirituale il canonico, poi Beato Giuseppe Allamano (1851-1926) una delle tante sante figure che hanno vivacizzato la vita spirituale di Torino e del Piemonte, a cavallo dei due secoli XIX e XX.
Con lo studio della teologia, si andava man mano maturando nel chierico Luigi Boccardo, la sua filiale devozione e consacrazione alla Madonna, alla quale veniva attribuita la sua salvezza di qualche anno prima, quando in procinto di morire, gli fu fatto bere un poco d’acqua di Lourdes; è ancora conservata un’immaginetta della Vergine, su cui Luigi scrisse e firmò: “Questa è Colei che mi salvò ed il cuor mi rubò”.
Fu ordinato sacerdote il 7 giugno 1884 dal cardinale arcivescovo Gaetano Alimonda; il giorno dopo celebrò la sua Prima Messa nella parrocchia d’origine a Moncalieri, alla presenza commossa dei genitori, dei numerosi fratelli e sorelle, del parroco e fedeli.
Trascorse un anno come assistente nel Seminario di Torino, poi l’arcivescovo lo destinò a Pancalieri, dove, dopo aver trascorso un anno come direttore spirituale nel Seminario torinese (1881-1882), il fratello Giovanni dal 24 settembre 1882 era parroco del grosso Borgo a 30 km da Torino.
La sua permanenza di circa un anno a Pancalieri, coincise con un’epidemia di colera, che fece oltre cinquanta vittime, fu presente in prima linea nell’assistere i moribondi e gli ammalati; a causa delle drammatiche conseguenze dell’epidemia, il fratello parroco Giovanni Boccardo, fonderà la Congregazione delle Suore “Povere Figlie di S. Gaetano”.
Il 12 aprile 1886, il canonico Giuseppe Allamano, chiamò don Luigi Boccardo come vicerettore e padre spirituale dello storico Convitto Ecclesiastico della Consolata a Torino, fondato nel 1817 dal teologo don Luigi Guala.
Il prestigioso Convitto, scuola di teologia basata sulla dottrina di San Francecso di Sales e di Sant' Alfonso Maria de’ Liguori, in contrapposizione con la morale rigorista, sarà determinante nella storia della Chiesa torinese; quasi tutti i sacerdoti, santi, beati, venerabili, servi di Dio del XIX secolo, che resero splendente la Chiesa di Torino, provenirono da questo Convitto Ecclesiastico, che ebbe come rettore dal 1849 al 1860, s. Giuseppe Cafasso.
Intorno agli anni Ottanta del XIX secolo, il Convitto conobbe grossi periodi di crisi, fra i teologi professori e le Autorità vescovili e nel 1880 per cercare di salvare il salvabile, fu chiamato come rettore don Giuseppe Allamano, il canonico della Consolata, il venerato Santuario mariano torinese, il quale nel 1886 chiamò ad aiutarlo don Luigi Boccardo,
I due santi uomini lavoreranno insieme per ben 30 anni dal 1886 al 1916, in completa sintonia, don Luigi con umiltà, pazienza e sollecitudine, operò al fianco di don Allamano in perenne ombra; man mano lo sostituì, quando i molteplici impegni di don Allamano si fecero sempre più numerosi: I restauri del Santuario, le iniziative per porlo come centro di spiritualità per i torinesi, la fondazione del Bollettino, la fondazione e gestione delle Congregazioni religiose dei Missionari e delle Missionarie della Consolata.
Don Luigi Boccardo continuò così ad essere il direttore spirituale e l’organizzatore, della vita dei sacerdoti allievi del Convitto, insegnando presso la scuola di religione del quartiere, tenendo conferenze, insegnando liturgia e pastorale nell’ambito del Santuario, ma soprattutto passando ore ed ore nella preghiera e nel confessionale (il suo confessionale n. 2 della Consolata, divenne famoso tra i torinesi).
Fra i tanti assistiti spiritualmente, ci fu la Serva di Dio Maria Consolata Ferrero, futura suor Benigna Consolata (1885-1916) della quale scrisse una biografia.
Il 2 giugno 1909 fu nominato Canonico onorario della Collegiata della SS. Trinità; fu pellegrino a Lourdes, Roma, Napoli, Firenze, Lucca; nel 1913 diede alla stampa la sua prima opera ascetica “Il figlio spirituale”; parte prima della sua maggiore opera: “Confessione e Direzione”, la seconda parte “Il padre spirituale” e l’appendice “Le celesti vocazioni”, furono edite negli anni dal 1913 al 1928 con numerose ristampe, perché molto ricercate.
Il 30 dicembre 1913, il fratello Giovanni Maria, prevosto di Pancalieri, fondatore dell’Ospizio e delle già citate Suore “Figlie di S. Gaetano” morì, indicandolo come successore alla guida delle opere da lui fondate.
Il dolore di don Luigi fu grande, doveva tutto al fratello, dalla sua vocazione alla formazione sacerdotale; il 9 gennaio 1914 il cardinale Agostino Richelmy lo nominò Superiore Generale della Congregazione, ormai diffusa in parecchi luoghi d’Italia.
Iniziò così per lui una nuova fase della sua vita; fatto per la stabilità e il raccoglimento monastici, dovette adattarsi a viaggiare in tutt’Italia; dové adattare alle mutate esigenze le Regole, organizzare il probandato e il Noviziato, visitare, conoscere ed organizzare le varie comunità sparse in Italia, aprire nuove Case, amministrare un’Istituzione che comprendeva ormai parecchie centinaia di suore, decine di Case e Comunità, migliaia di assistiti tra vecchi, malati, bambini e sacerdoti anziani.
Nel 1924 fece riesumare e traslare nella Casa Madre delle suore a Pancalieri, la salma del fratello Giovanni, proclamato poi Beato il 24 maggio 1998 a Torino, da Papa Giovanni Paolo II.
Il 3 dicembre 1919 il canonico Luigi Boccardo ebbe un’ulteriore incarico dall’arcivescovo di Torino, direttore dell’Istituto per Cieche di Lungo Dora Napoli 54 a Torino, istituto fondato nel 1894 da Orsolina Turchi e che dopo la sua morte, era gravato di un debito di 120.000 lire di allora.
Continuò a produrre e stampare molti scritti ascetici, liturgici, di guida spirituale, pastorali, come: “L’Ora di adorazione per le solennità pasquali”; “L’Ora di adorazione pregata per il Ven.do Clero, 3 opuscoli in difesa del misticismo di suor Benigna Consolata; articoli su riviste religiose; “Lezioni di Teologia Ascetica e Mistica” tenute ai giovani sacerdoti del Convitto Ecclesiastico, ecc.
Per problemi di spazio e di distanza dal capoluogo, fu necessario trovare un’altra Sede per la Casa Generalizia delle “Povere Figlie di S. Gaetano”, che alla fine fu trovata accanto all’Istituto delle Cieche, dove poi il 12 giugno 1928 il canonico Boccardo si trasferì definitivamente, mentre la nuova Casa Madre divenne la sede della prima Madre Generale della Congregazione, la Serva di Dio Gaetana Fontana (1870-1935).
Gli anni passavano e il canonico sempre più vecchio e malandato, incurvato sul davanti, con una gobba a sinistra, una gotta dolorosa (ma non era stato mai un campione di salute), alto circa un metro e settantacinque in vecchiaia non pesava più di sessanta chili; nonostante ciò, cedendo alle insistenze di quanti gli chiedevano di erigere una chiesa aperta ai fedeli presso la Casa delle Suore, alla fine intraprese i lavori di edificazione del Santuario di Gesù Re, in cui volle marmi, arredi e paramenti preziosi, degni di Gesù Re; il Santuario fu consacrato il 24 ottobre 1931 dal cardinale Maurilio Fossati.
Ormai da anni il canonico Boccardo era il direttore spirituale dell’Istituto delle Cieche e aveva potuto così conoscere alcune giovani desiderose della vita consacrata, aveva cercato di indirizzarle presso qualche monastero, ma a causa della cecità erano state rifiutate.
Il 18 gennaio 1932, egli comunicò la sua decisione alle ragazze non vedenti dell’Istituto, alcune di esse si sarebbero consacrate a Dio con il titolo di “Figlie di Gesù Re”, il nuovo ramo contemplativo delle “Povere Figlie di S. Gaetano”, con il compito di pregare per la Chiesa, per il Papa, per i sacerdoti, specie quelli in crisi; il 29 ottobre 1932 ci fu la vestizione delle prime suore “Figlie di Gesù Re”.
Gli ultimi anni furono per il canonico pieni di riconoscimenti, da parte del Papa Pio XI, degli arcivescovi e vescovi ausiliari di Torino e del Piemonte; ottanta sacerdoti parteciparono al suo 50° di sacerdozio il 5 giugno 1934; ma non mancarono dolori, il 15 marzo moriva madre Gaetana Fontana, la prima Superiora Generale delle Povere Figlie di S. Gaetano e collaboratrice sin dall’inizio del fratello Giovanni e poi di lui, fu un altro distacco straziante per l’anziano sacerdote.
Non si può non accennare alle 1027 lettere scritte da Luigi Boccardo, raccolte in sette volumi, dal 1901 al 1936, dirette a laici, sacerdoti e religiosi, in cui è condensata ed espressa tutta la spiritualità, l’ascesi, la fiducia in Dio, di questo sacerdote, umile, discreto ma attivissimo; disse di sé: “Tre cose non avrei mai creduto di fare: scrivere libri, fondare suore e costruire chiese. Le ho fatte tutte e tre!…”.
Presagendo l’approssimarsi della fine, padre Luigi lasciò man mano le varie Opere, alla cura di altri successori fra cui il teologo Camillo Dionisio; oppresso da vari malanni, celebrò l’ultima Messa all’altare della Consolata nel suo Santuario di Gesù Re il 26 aprile 1936, poi si mise a letto; fra alti e bassi, confortato dalle visite di vescovi, amici, sacerdoti e suore, si arrivò fino al 9 giugno, quando morì serenamente e nella massima semplicità.
I funerali svolti nel Santuario di Gesù Re, videro la partecipazione di Autorità Civili e Religiose, la bara fu portata a spalla dai Missionari della Consolata.
Il 15 novembre 1937, la salma fu traslata dal cimitero al Santuario di via Lungo Dora Napoli; l’8 giugno 1961 presso la Curia di Torino, ebbe inizio la Causa per la sua beatificazione, che dal 19 aprile 1979 è spostata a Roma presso la competente Congregazione Vaticana.
Il 12 aprile 2003 è stato dichiarato ‘venerabile’ ed il 14 aprile 2007 è stata celebrata la sua beatificazione nella nuova chiesa torinese del Santo Volto.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Luigi Boccardo, pregate per noi.
*Santa Madrun - Vedova (9 Giugno)
Secondo le genealogie gallesi, Madrun era figlia del re Vortimer e moglie di Ynyr Gwent, capo del Monmouthshire orientale.
Oltre al fatto che ella diede al marito quattro figli, tutto ciò che di lei si sa con qualche sicurezza è che accolse nel Galles San Tathan (Tathaeus) missionario irlandese.
La leggenda narra che durante una visita a suo fratello, il re Vortigerno, ella fu costretta a fuggire su una collina vicina mentre Vortigerno veniva ucciso in un assalto alla sua fortezza.
Viene considerata la Santa patrona di Trwfynydd nel Merionethshire dove la sua festa era celebrata il 9 giugno; potrebbe però anche trattarsi di Santa Materiana emigrata in Cornovaglia nel 450 ca. con Brican e la sua famiglia.
Il Santo patrono della parrocchia di Madrun in Cornovaglia, tuttavia, non è la nostra Madrun, ma Madron (Madernus).
(Autore: Edward I. Watkin – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Madrun, pregate per noi.
*San Massimiano di Siracusa - Vescovo (9 Giugno)
† 594
Martirologio Romano: A Siracusa, San Massimiano, vescovo, del quale il papa san Gregorio Magno fa spesso menzione.
Sconosciuto a tutti i martirologi precedenti, appare nel Romano sotto la data del 9 giugno. Originario della Sicilia (Giovanni Diacono lo dice Siculus), si fece monaco a Roma e dopo la morte di Valenzione fu il secondo abate del monastero di sant'Andrea ad Clivum Scauri, eretto prima del 583, dal nobile Gregorio, ed ebbe la gloria di educare i| futuro pontefice quando questi, lasciata la pretura di Roma, abbracciò la vita monastica.
Quando Gregorio fu mandato da Papa Pelagio II quale apocrisario a Costantinopoli presso l'imperatore Tiberio, Massimiano lo raggiunse con alcuni dei suoi monaci e tanto prolungò la sua dimora, che il pontefice scrisse a Gregorio che ne sollecitasse il ritorno a Roma, essendo egli necessario al suo monastero e alla Sede Apostolica per un affare importante.
Al ritorno, l’anno successivo, 585, dopo otto giorni di navigazione avventurosa nell’Adriatico, la nave fece naufragio a Crotone e Massimiano, che aveva dato prova di fiducia in Dio, si salvò coi tutti i suoi compagni.
Asceso Gregorio al pontificato il 3 settembre 590, scelse alcuni suoi monaci, tra questi Massimiano, per condurre vita monastica nel suo palazzo, che, al dire di Giovanni Diacono, divenne «asceterio di perfetta virtù, scuola di ecclesiastica disciplina consiglio di sapientissimo governo, talmente in venerazione a Roma e a tutta la Chiesa che chi non avesse le carte in regola non osava nemmeno presentarvisi, stimando più opportuno starsene lontano».
Nel dicembre del 591, Massimiano era già vescovo di Siracusa. A lui il pontefice concesse l’uso del pallio e rinnovò i privilegi dell’antica sede vescovile; affidò inoltre la sua rappresentanza su tutta la Chiesa siciliana.
Vicario del papa e rispondendo alle di lui speranze, Massimiano esercitò una generale sorveglianza sulla disciplina e gli affari ecclesiastici; risolse le cause di minore importanza, rimettendo al pontefice quelle più difficili o quelle che non riteneva di poter giudicare da sé.
San Gregorio che, nell’affidargli questi amplissimi poteri, aveva fissato minutamente le direttive della politica ecclesiastica in Sicilia, gli indirizzò parecchie lettere e, alla fine, si mostrò compiaciuto di quanto Massimiano aveva fatto in poco meno di tre anni nel vasto territorio dell’isola.
Anche se ai titoli di «venerabile» «vescovo di veneranda memoria» e «santissimo», che ricorrono sovente nell'Epistolario di San Gregorio, non può ovviamente attribuirsi che un significato di onore e di rispetto, nondimeno la stima che il papa aveva di Massimiano si rileva dalle espressioni scritte nel novembre 594 alla di lui morte.
Al diacono Cipriano, suo rettore in Sicilia, il pontefice scrisse, manifestando il suo grandissimo dolore: "Non è Massimiano che deve piangersi, già volato a quel premio eterno da lui tanto desiderato, ma cotesto infelice popolo di Siracusa". Ai siracusani fece sapere che "ritenessero bene a mente che un altro Massimiano non era facile a trovarsi".
Un aspetto interessante dell'attività di Massimiano fu l'aver collaborato con il pontefice alle memorie relative ai santi d'Italia.
San Gregorio vi accenna ripetutamente; anzi nel 594 avrebbe desiderato rivederlo per conoscere più distintamente, onde inserirli nei Dialoghi, alcuni fatti edificanti appresi da lui in tempi lontani. Massimiano, che non era più in grado di recarsi a Roma, per iscritto e brevemente riferì a san Gregorio quel che sapeva di San Nonnoso e di qualche altro Santo.
(Autore: Ottavio Garana – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Massimiano di Siracusa, pregate per noi.
*Beato Mosè Tovini - Sacerdote (9 Giugno)
Cividate Camuno, Brescia, 27 dicembre 1877 – Brescia, 28 gennaio 1930
Monsignor Mosè Tovini, sacerdote diocesano di Brescia, fu dichiarato “venerabile” il 12 aprile 2003 ed il miracolo per la sua beatificazione è stato riconosciuto il 19 dicembre 2005. E' stato dichiarato "beato" il 17 settembre 2006 nella cattedrale di Brescia.
Mosè Tovini nacque a Cividate Camuno, in provincia di Brescia, il 27 dicembre 1877, primo di otto fratelli, figli del ragionier Eugenio e della maestra Domenica Malaguzzi. Padrino di battesimo di Mosè fu lo zio, avvocato Giuseppe Tovini, anch’egli già venerato quale Beato.
D’intelligenza precoce, a soli cinque anni con l’aiuto della mamma iniziò la scuola elementare, che completò poi a Breno, paese d’origine materno. Nel 1884 ricevette la Cresima.
All’età di nove anni il piccolo Mosè prese a frequentare l’Istituto ginnasiale “Venerabile Luzzago” in Brescia, ospite del padrino. Il 14 novembre 1886 ricevette la prima Comunione.
Nel 1889 Mosè fu affidato al Collegio San Defendente di Romano Lombardia per completare gli studi ginnasiali.
Qui conobbe Domenico Menna, suo compagno, con cui strinse un duraturo rapporto di amicizia. Nel 1891 il collegio celebrò solennemente il terzo centenario della morte di San Luigi Gonzaga ed i due amici furono affascinati dalla figura del santo tanto da ipotizzare una loro vocazione al sacerdozio. Mosè si consigliò allora con suo padre, che però lo dissuase. Per il liceo i genitori decisero di affidarlo al Collegio di Celana, in provincia di Bergamo, ma qui si sentì isolato tra compagni di tutt’altro stampo.
Non volendo assecondare le malefatte del gruppo, si ritrovò a subire violente ritorsioni. Abbandonò allora tale liceo per rispondere finalmente alla vocazione sacerdotale, entrando in seminario ad anno iniziato grazie all’intercessione dello zio. A fine anno i superiori lo invitarono a vestire l’abito clericale anche durante le vacanze e così, tornato a Cividate Camuno, i ragazzini cominciarono a chiamarlo “don Mosè”. Nel secondo anno, pur frequentando il seminario, per motivi di salute rimase alloggiato presso lo zio Giuseppe, potendone così ammirare lo zelo quale laico impegnato nell’Azione Cattolica.
Al termine della terza liceo il seminarista fu ammesso alla tonsura, ricevendo inoltre anche i due primi ordini minori: ostiariato e lettorato. Concluso il liceo in seminario, data la giovane età i genitori di Mosè ottennero dal rettore che il figlio potesse conseguire la licenza presso una scuola pubblica. Il 16 gennaio 1897 morì improvvisamente lo zio Giuseppe.
Mosè, confortate la zia e le cugine, dovette organizzare il funerale, che rivelò la fama di santità che circondava Giuseppe Tovini.
Al compimento del ventesimo anno di età, fu arruolato nel 90° Fanteria a Brescia ed anche durante la vita militare non mancarono singolari episodi che mostrarono le virtù del Tovini, come quando fece tacere un ufficiale che era solito bestemmiava. Fu congedato il 31 ottobre 1898 con il grado di sergente e fece ritorno in famiglia. Istituì allora in parrocchia, su permesso dell’arciprete, l’Opera del Pane di Sant’Antonio. Il 27 maggio 1899 ricevette il suddiaconato. Durante le vacanze fu poi di grande aiuto alla mamma nell’assistere la sorella Olga ormai cieca. Il 10 marzo 1900 fu la volta del diaconato.
Il 9 giugno 1900, a soli ventidue anni, sei mesi e dodici giorni, con dispensa della Congregazione del Concilio, Mosè Tovini venne già consacrato sacerdote nella Cattedrale di Brescia ed il giorno seguente celebrò la prima Messa solenne a Cividate Camuno. Come profetizzato dal beato zio, don Mosè fu nominato cappellano di Astrio.
Assai felice del suo nuovo incarico, fu però ben presto inviato a completare gli studi a Roma.
Qui trascorse quattro anni, pieni d’impegno, preghiera, studio ed un umile ma fervido apostolato fatto di catechesi, assistenza religiosa e carità ai fanciulli e alle famiglie più povere dell’Agro Romano. In particolare avvicina i compagni di studio della Statale, specie i non credenti ed alcuni ebrei. Nel luglio 1904 il Tovini conseguì finalmente ben più di una laurea: Matematica con diploma in Magistero, Filosofia e licenza in Teologia.
Alla fine dell’ottobre 1904 entrò nella nuova Casa del Clero della Congregazione dei Sacerdoti Oblati, appena aperte in Brescia per volere del vescovo. Per tutta la vita poi fu professore nel seminario, alternandosi in diverse discipline.
Il suo stile si caratterizzò sempre per la puntualità agli orari, una seria preparazione di ogni lezione, chiarezza ed ordine nell’esposizione, discrezione e bontà nel giudicare gli allievi, adesione della mente e del cuore alle verità che insegnava, obbedienza assoluta alle direttive della Chiesa, indipendentemente che provenissero dal Papa o dal vescovo.
Il suo impegno non si limitò però alla sola dottrina, ma fu soprattutto maestro di vita. Durante le vacanze poi era solito organizzare corsi di religione ai maestri ed alle maestre, settimane catechistiche, oltre ad impegni di ministero nei giorni festivi.
L’11 maggio 1915 il vescovo lo nominò vicario parrocchiale a Provaglio d’Iseo, essendo il parroco infermo. Tale incarico lo esonerò dalla chiamata alle armi e poté così continuare ad insegnare in seminario. Morto il parroco, il Tovini divenne l’economo. Il 1° novembre 1916 assunse la cura della parrocchia di Torbole, come vicario del parroco impegnato nel servizio militare. L’anno seguente scoppiò la febbre spagnola ed il Tovini non esitò a recarsi al capezzale di ogni ammalato, incurante del pericolo. Finita la guerra, dal 1919 gli fu affidata una nuova missione: aiutare i chierici reduci dalla guerra a completare la loro formazione teologica e sacerdotale.
Il catechismo fu la passione di tutta la sua vita, tanto che già da giovane professore collaborò all’Opera Diocesana del Catechismo. Tenne inoltre per tutta la vita l’incarico di visitatore dei catechismi della città ed organizzatore delle annuali gare di catechismo. Nel 1919 fu nominato Vice Priore della Commissione Diocesana del Catechismo e dal 1926 fu Direttore e Maestro del nuovo Istituto Magistrale di catechismo, apprezzato sino alla morte, preparando centinaia di maestri. Nel 1926, quando venne introdotto l’insegnamento religioso nella scuola pubblica, il vescovo lo nominò con altri ispettore cittadino, incaricati della scelta degli insegnanti e dei rapporti con le autorità scolastiche e della vigilanza.
Nel 1921 divenne Assistente della Giunta diocesana dell’Azione Cattolica. Nonostante la sua riluttanza, nel 1923 il vescovo lo nominò Canonico della Cattedrale ed ebbe inoltre l’incarico di Vice Officiale del tribunale ecclesiastico, di Esaminatore sinodale e di Censore dei libri. Nel 1925 decise di compiere un atto di offerta di se stesso al Cuore Misericordioso di Gesù.Un ulteriore svolta nella sua vita arrivò nel 1926, con la nomina di monsignor Tovini a rettore del seminario, incarico l’interessato giudicava superiore alle proprie forze.
Esordì elencando ai chierici i tre “candori” che debbono riempire il cuore del candidato ideale al sacerdozio: l’Eucaristia, la Vergine Immacolata ed il Papa. Dopo un inizio tranquillo, fu montata una campagna di denigrazione nei confronti del rettore: la sua carità fu a torto giudicata ingenuità, bonarietà e, perfino, inettitudine ai compiti educativi del seminario. Monsignor Tovini era invece preoccupato di avere una piena confidenza con i chierici al fine di poter vagliare serenamente la loro vocazione al sacerdozio. Il vescovo lo persuase a continuare nel suo ministero, invitandolo a portare anch’egli la sua Croce.
Nel novembre 1929 il Tovini fu eletto Direttore dell’Unione Apostolica Diocesano del Clero e scelto quale predicatore dei ritiri alla Casa del Clero. Contemporaneamente iniziarono a manifestarsi i primi segni esterni di malattia, ma nonostante ciò proseguì con il suo stile di mortificazione. Al 23 gennaio fu ricoverato all’ospedale Fatebenefratelli e gli fu diagnosticata la polmonite bilaterale.
Il 27 chiese al suo direttore spirituale gli ultimi sacramenti in piena lucidità e serenità di spirito. Il giorno seguente alle ore 10,45, dopo pochi minuti di smarrimento e affannoso respiro, quasi inaspettatamente spirò. Aveva appena compiuto cinquantadue anni. In giornata, la salma fu trasportata in Seminario.
La città si strinse attorno a lui nel funerale ed il vescovo di Mantova, dopo il commosso suffragio, affermò: “non mi meraviglierei che Tovini faccia grazie e venga col tempo glorificato dalla Chiesa”. Una profezia che si avverò quando, dopo un accurato processo, il 12 aprile 2003 il papa Giovani Paolo II decretò l’eroicità delle virtù definendolo “venerabile” ed il 19 dicembre 2005 il nuovo pontefice Benedetto XVI riconobbe il miracolo necessario per la sua beatificazione.
E' stato dichiarato "Beato" il 17 settembre 2006 nella cattedrale di Brescia.
(Autore: Fabio Arduino - Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Mosè Tovini, pregate per noi.
*Santi Primo e Feliciano - Martiri (9 Giugno)
Martirologio Romano: A Roma al quindicesimo miglio della via Nomentana, Santi Primo e Feliciano, martiri.
La loro traslazione, effettuata da Papa Teodoro I (642-649), dal XV miglio della via Nomentana a Santo Stefano Rotondo, è tra le primissime operate in Roma.
I corpi vennero trovati in un sarcofago l’8 gennaio 1625.
Il Papa allora fece erigere sul nuovo sepolcro un altare ornato da un paliotto d’argento.
Nel 1736, con la costruzione di una nuova ara, opera di Filippo Barigoni, i resti, fino allora situati dinanzi l’altare, furono deposti all’interno di esso.
Dice il Martirologio Romano al 9 giugno: A Nomentano, in Sabina, il natale dei Santi Martiri Primo e Feliciano fratelli, sotto Diocleziano e Massimiano Imperatori.
Questi gloriosi martiri, avendo condotto nel Signore una lunga vita, ed avendo sofferto tormenti, ora eguali insieme, ora diversi e spietati separatamente, alla fine ambedue percossi con la spada da Promoto, Preside di Momento, compirono il corso del felice combattimento.
I loro corpi poi, trasportati a Roma, furono con onore sepolti nella chiesa di Santo Stefano Protomartire, sul monte Celio.
(Autore: Giovanni Sicari – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santi Primo e Feliciano, pregate per noi.
*San Riccardo di Andria - Vescovo (9 Giugno)
Sec. XII
Emblema: Bastone pastorale
Martirologio Romano: Ad Andria in Puglia, San Riccardo, vescovo, che, inglese d’origine e celebre per la sua virtù, accolse con onore le reliquie dei santi Erasmo e Ponziano.
S. Riccardo visse nel secolo XII durante il periodo della dominazione normanna, fu vescovo di Andria in provincia di Bari ed è il patrono della città e della diocesi.
Di origine inglese, fu istruito e preparato al sacerdozio con tutta probabilità in qualche abbazia benedettina, che a quell’epoca erano abbastanza diffuse nell’Europa Occidentale, specie in Francia ed Italia; si suppone che fu nominato vescovo di Andria dal papa Adriano IV, anche lui benedettino inglese, fra il 1157 e il 1159, periodo in cui avvenne la pacificazione del Papa con il Re di Sicilia e duca di Puglia, Guglielmo I.
Si sa che partecipò nel 1179 al Concilio Ecumenico Lateranense III; nel 1196 ricevette e trasferì con solennità ad Andria, le reliquie dei martiri Ponziano ed Erasmo, deponendole nella chiesa di S. Bartolomeo.
Morì il 9 giugno di un anno imprecisato alla fine del secolo XII; dal numero simbolico dei miracoli attribuitogli sia in vita che da morto, si può pensare che furono effettivamente molti, e diluiti in lungo periodo, di conseguenza si presume che il suo fu un lungo episcopato.
Per la data della canonizzazione, essa deve essere avvenuta un 23 aprile dopo l’anno 1300, durante il pontificato di papa Bonifacio VIII; il suo corpo dopo essere stato deposto sull’altare principale a seguito della canonizzazione, sparì nel 1348 in seguito all’invasione del re Luigi d’Ungheria.
La salma fu ritrovata 90 anni dopo, dal duca d’Andria Francesco II Del Balzo (1410-1482) e dal vescovo Dondei, il 23 aprile 1438; le reliquie erano in una cassetta di legno ravvolte in un panno, insieme ai sandali di pelle, il capo e il cuore di colore rosso perché conservati in un balsamo, in seguito furono rinvenuti tre cosiddetti calendari di epoca normanna, che riportavano la data della morte del santo vescovo Riccardo al 9 giugno.
Il culto degli andriesi è antichissimo, il re Federico II di Svevia ‘stupor mundi’, che nel territorio di Andria aveva fatto costruire il meraviglioso Castel del Monte, volle seppellire accanto alla venerata salma del vescovo, le mogli Jolanda, morta nel 1228 e Isabella morta nel 1241.
Il primo ospedale e poi anche quello edificato sulle rovine del primo, furono intitolati a San Riccardo; in suo nome nel sec. XV, venne istituita una fiera che iniziava il 23 aprile e durava fino al 30, con la direzione del capitolo della cattedrale, ciò alimentò il commercio con i paesi vicini, dando un certo benessere alla città.
Nello stesso XV secolo si completò la chiesa cattedrale a tre navate in stile romanico-gotico, sulla cripta della precedente di epoca pre-normanna, anche questa cattedrale si andò ad aggiungere a quella serie di bianche cattedrali pugliesi, che costituiscono i gioielli architettonici della regione insieme ai trulli, e che danno importanza con la loro presenza a tutte le cittadine che le possiedono, una volta tutte sedi vescovili.
Le reliquie di San Riccardo sono deposte in un pregevole sarcofago di marmo, fatto eseguire nel 1836 dal vescovo Cosenza e stanno nella cappella più artistica della cattedrale di Andria.
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Riccardo di Andria, pregate per noi.
*Beato Roberto Salt - Monaco Certorino, Martire (9 Giugno)
Scheda del gruppo a cui appartiene:
“Beati Martiri di Inghilterra, Galles e Scozia” Beatificati nel 1886-1895-1929-1987
Martirologio Romano: A Londra in Inghilterra, Beato Roberto Salt, monaco della Certosa di questa città e martire, che, per aver conservato con fermezza contro il re Enrico VIII la fedeltà verso la Chiesa, detenuto nel carcere di Newport, vi morì di fame.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Beato Roberto Salt, pregate per noi.
*Santa Tecla - Martire (9 Giugno)
Etimologia: Tecla = (forse) gloria a Dio; oppure lucente, dal greco
Emblema: Palma
Con il nome di Tecla, i vari martirologi orientali ed occidentali, venerano ben 13 Sante quasi tutte martiri dell’antichità cristiana e 1 Santo martire in Egitto.
Quella che si celebra il 9 giugno fa parte di un gruppo di cinque religiose martiri, le notizie pervenutaci, nonostante lo sfoggio letterario dell’oscuro autore, sono coerenti ai fatti.
Alcune spie avevano segnalato che in un villaggio (Kasaz, vicino ad Arbela antico nome di Arbil in Iraq) vi era un prete di nome Paolo molto ricco.
I soldati, circondata la casa s’impadronirono dei suoi tesori e condussero Paolo insieme a cinque religiose del luogo, davanti al principi della Regione Narsai Tamsabur.
Paolo comparso per primo si dichiarò pronto ad adorare il sole, dopo aver ricevuto la promessa che i suoi beni gli sarebbero stati restituiti.
Diversamente agirono le cinque religiose che si mantennero fedeli al loro credo e pertanto Tamsabur le condannò a morte, e impose a Paolo di eseguire le decapitazioni che avvennero il 31 maggio del 347.
Ma Tamsabur volendo comunque le sue ricchezze, lo fece strangolare la notte seguente.
Le religiose: Tecla, Mariamne, Marta, Maria e Amai furono considerate come martiri e la loro festa riportata nei sinassari orientali, fu stabilita il 9 giugno (anche il 5 e 6).
(Autore: Antonio Borrelli – Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - Santa Tecla, pregate per noi.
*San Vincenzo di Agen (di Aquitania) - Martire (9 Giugno)
sec. IV inc.
Martirologio Romano: A Vernemet nel territorio di Agen nell’Aquitania, in Francia, San Vincenzo, martire, che si dice abbia consumato il proprio martirio per Cristo durante la celebrazione di una festa pagana in onore del sole.
(Fonte: Enciclopedia dei Santi)
Giaculatoria - San Vincenzo di Agen, pregate per noi.
*Altri Santi del giorno (09 Giugno)